Tra il 26 giugno e il 2 luglio 2024, nel cuore dell’Artico, tra paesaggi incontaminati e condizioni estreme, si è svolta una missione scientifica di grande valore presso la stazione di ricerca “Dirigibile Italia” dell’Istituto di Scienze Polari del CNR, a Ny-Ålesund, nelle remote isole Svalbard (Norvegia). L’obiettivo? Prelevare campioni di vegetazione artico-alpina per uno studio innovativo sugli effetti del fotoperiodo e del riscaldamento climatico.
Un ponte tra l’Artico e le Alpi
Il focus della missione è stato il prelievo di zolle di suolo contenenti Salix polaris, una delle specie dominanti nelle valli nivali artiche. Questi campioni verranno trasferiti presso il Giardino Botanico Alpino Bruno Peyronel di Bobbio Pellice (TO), a 2300 metri di altitudine, dove saranno messi a dimora per il futuro allestimento del common garden, oggetto di studio in un ambiente con fotoperiodo di circa 16 ore di luce e 8 ore di buio durante l’estate. Questa sperimentazione permetterà di comprendere meglio le risposte fisiologiche e adattative della flora artica in un contesto di latitudine intermedia.
Chi ha partecipato alla missione?
Alla spedizione hanno preso parte il Professor Thomas Abeli, responsabile del progetto PHOTOPLANT, la dottoressa Martina Tarascio (entrambi dell’Università degli Studi di Pavia) e la dottoressa Anna Cazzavillan (dottoranda presso l’Università degli Studi di Ferrara).
Tre giorni di ricerca sul campo
La raccolta dei campioni è avvenuta in tre giornate di lavoro sul campo, concentrandosi in quattro aree specifiche a ovest del fiume Bayelva (Fig.3). Qui, grazie all’uso di pala e seghetto, sono state prelevate 18 zolle di terreno con individui di Salix polaris, Bistorta vivipara, Silene acaulis e Saxifraga oppositifolia. Lo studio di queste specie consentirà di comprendere l’impatto delle variazioni ambientali sugli ecosistemi artico-alpini.
Dalla raccolta alla conservazione
Ogni zolla è stata attentamente catalogata, fotografata e inserita in speciali contenitori di plastica per preservarne l’umidità e facilitarne il trasporto. Parallelamente, alcuni esemplari vegetali sono stati destinati alla creazione di un erbario di riferimento per l’identificazione e lo studio delle specie coinvolte. Una particolare attenzione è stata posta nel ripristino dell’ambiente dopo il prelievo, ricoprendo le buche con terriccio e detrito per minimizzare l’impatto sull’ecosistema locale.
Verso nuove scoperte
Ora, i campioni prelevati dalle Svalbard stanno per affrontare una nuova fase della ricerca, a centinaia di chilometri di distanza, sulle Alpi italiane. Questo esperimento consentirà di raccogliere dati fondamentali sulle risposte della vegetazione artica ai cambiamenti ambientali, contribuendo a comprendere meglio gli effetti del riscaldamento globale su questi fragili ecosistemi.
Il lavoro sul campo è solo l’inizio: ora tocca alla scienza decifrare i segreti racchiusi in queste preziose zolle di terra artica.